Lo Show,don't tell e altre sfide per allenarsi a scrivere
Suggerimenti, sfide, proposte, inviti in Australia e storie di paura in libreria
Quest’anno ho provato varie app - di inglese, di pilates da parete, persino di yoga facciale - ma hanno tutte un destino comune: finiscono dimenticate come un Tamagotchi spento (se sei troppo giovane per ricordarti dei Tamagotchi, non farmelo sapere).
Non sono disciplinata, mi annoio con la velocità di un colibrì che beve da un tappo di plastica (anche tu guardi video di bestini, vero?) e sono pigra.
Però riconosco l’importanza di un allenamento costante e questo vale anche per la scrittura narrativa.
Vedo come cambia la scrittura di chi mi segue per tre mesi nei laboratori online dove ogni martedì lancio la sfida con una nuova esercitazione e una settimana per consegnarla.
Avere me che mordo alle caviglie pungolo con le minacce sprono con gentilezza li aiuta ad allenarsi senza mollare. Anche essere un gruppo che si legge e sostiene a vicenda li incoraggia molto.
Fatto sta che allenarsi a scrivere con continuità serve. Oh, se serve. E farlo ragionando su ciò che si fa e perché lo si fa, aiuta ad avere sempre più consapevolezza della propria scrittura. E a leggere in modo diverso.
Così, come avevo annunciato nella scorsa mail, ho creato una piccola palestra di scrittura sui social e molti di voi la stanno seguendo: ogni martedì propongo un esercizio di scrittura (ne ho in serbo fino al 17 dicembre e alcuni sono tostissimi). Non sottovalutarli: se ti piace scrivere cogli l’occasione e non fare come me con le app. Questo è il Facebook Pigro, questo è l'Instagram Pigro e questo è il GASP.
Ma qual è uno degli spauracchi più grandi di chi scrive?
Il temibilissimo Show, don’t tell.
Parliamone.
Come sempre, non esiste una ricetta, un sistema certo come un’equazione algebrica.
Tra gli esercizi che assegno per allenare a mostrare e non spiegare, faccio parlare d’amore senza usare la parola amore e i suoi derivati (come giocare a Tabù) o chiedo di creare scene in cui i personaggi provano determinate emozioni con il divieto di nominarle, di usare aggettivi qualificativi, avverbi in -mente e modi di dire (te l’ho detto che sono esercitazioni toste). Per dirne un paio.
Lo faccio per far lavorare su alcuni degli aspetti più importanti di questa tecnica: aggettivazione, eliminazione della terminologia “scontata” che ruota attorno a un sentimento, allontanamento dal luogo comune e dalla frase fatta.
Con l’aggiunta di uno dei più importanti strumenti degli scrittori: la capacità di osservare. L’osservazione è la base del saper mostrare qualcosa.
Quindi il mio consiglio, prima di metterti davanti alla pagina, è osservare il più possibile ciò che ti sta intorno.
Cosa succede a un persona che prova un certo sentimento? Quali sono gli indizi che ti fanno capire lo stato d’animo di qualcuno? Come reagisci a certe parole, richieste o situazioni? E come reagiscono le altre persone?
Osservare è anche il primo passo che ti consente di selezionare i dettagli significativi, altro punto importante.
Infine, tenta di essere il meno didascalico possibile: l’errore che spesso si fa è di indicare in modo esplicito – quasi didascalico, appunto – il sentimento che un lettore dovrebbe provare. L’obiettivo è scrivere una scena che porti in sé quel sentimento e sapersi fermare in tempo per consentire al lettore di arrivare alla giusta conclusione. Il lettore deve compiere il passaggio, il lettore deve mettere insieme i pezzi del puzzle e vedere da solo l’immagine finale.
Attenzione però: il concetto di Show don’t Tell è sicuramente uno dei più importanti in ogni percorso che porta alla scrittura, ma non bisogna esagerare.
Eliminare la parte descrittiva significa far crollare una tela, una trama (intesa come tessuto) che tiene insieme una narrazione. Il rischio è l’accumulo di scenette/vignette accostate.
In sostanza: Show, don’t tell è fondamentale, più fai pratica con questa tecnica meglio è. Usala però con sapienza e non considerarla l’unica divinità narratologica, l’unico modo per arrivare a raccontare una storia.
Se vuoi esercitarti a scrivere con costanza, contando anche sulle mie considerazioni e i miei consigli, ho aperto le iscrizioni al prossimo laboratorio online sulle tecniche narrative, il GSSP Scrittura e Narrazione (XVIII edizione).
Inizia il 20 gennaio e per tre mesi, ogni settimana, assegno un’esercitazione di scrittura narrativa che leggo e valuto, arricchendo il forum con spunti di lettura e approfondimenti. Si fa gruppo di supporto, si lavora parecchio e ci si diverte anche.
Per una settimana, con me, ci sarà anche Alice Basso.
Fino al 30 novembre c’è la tariffa scontata.
I posti sono limitati.
Info qui
Modulo di iscrizione qui
Nel frattempo, sono stata invitata in Australia per parlare di scrittura narrativa alla XXIV edizione della Settimana della Lingua Italiana nel mondo.
Sono onorata per questo invito.
L’evento è organizzato dal Comites Melbourne, Victoria e Tasmania e sono giornate di incontri gratuite.
Puoi seguire gli incontri sulla pagina Facebook del Comites Melbourne -Victoria e Tasmania dove saranno trasmessi in diretta online (là saranno le 18.00 mentre qui da noi saranno le 9.00 del mattino).
Il nostro appuntamento è mercoledì 16 ottobre e sarò in compagnia di Alice Basso e Laura I. Messina.
Ahimè, non vedrò canguri né altri bestini australiani: partecipo da remoto (ma c’è la possibilità che passi Brodo, mentre parlo io).
Ultima notizia, e questa è tutta da leggere: il 22 ottobre spunta nelle librerie “Sette storie horror” una raccolta di racconti spaventosi per ragazzi curata da Manlio Castagna per Il battello a vapore.
Io sono una dei sette autori, insieme a - in ordine di racconto - Manlio Castagna, Tommaso Percivale, Davide Sarti, Francesca Tassini, Vernante Pallotti e Christian Antonini.
Manlio è riuscito a farmi scrivere un altro racconto di paura. Gli piace coinvolgermi in progetti horror-dark-tensione anche se sa, o forse proprio per questo, che non è un genere che bazzico (sono una che ama gli spoiler, per dire quanto ami la tensione). Ma mi ha sfidato a scrivere fuori dai miei schemi e dalla mia comfort zone e io ho raccolto volentieri la sfida.
E tu cosa faresti se ti spingessero fuori dalla tua comfort zone?
Immagina in grande e trattati con gentilezza.
Barbara